Il Deepfake

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Le avvertenze del Garante della Privacy

"I computer possono seguire solo istruzioni obbligatorie - non sono programmati per esercitare discrezione".

Tramite una tecnica di apprendimento automatico detta “rete antagonistica generativa”, il deepfake utilizza l’intelligenza artificiale per combinare e sovrapporre immagini e video esistenti con immagini o video originali.

I programmi di deepfake adoperano come base di partenza immagini e/o audio originali che modificano o creano i caratteri ed i movimenti del corpo o del viso di un soggetto o della sua voce. I software si sono diffusi negli ultimi anni in maniera sempre più massiccia sui sistemi operativi utilizzati dagli smartphone e dai dispositivi mobili attraverso le applicazioni.

La tecnologia è simile a quella in voga tra i più giovani che permette di invecchiare un viso o cambiare il sesso della persona rappresentata in foto; si realizza così un falso digitale partendo proprio da corpi, da volti e da voci reali delle persone.

Recentemente la diffusione di tali programmi ha reso più accessibile l’utilizzo degli stessi e, di conseguenza, la creazione e diffusione di deepfake.

Nel periodo appena trascorso si è sentito spesso discutere di “revenge porn” (ovverosia la condivisione di immagini o video senza il consenso dell’interessato).

Ebbene l’algoritmo deepfake aggiunge una dimensione nuova alle molestie online. Ci si pone di fronte ad una tecnologia in grado di manipolare, creando immagini e video fake del tutto realistici.

Lo stesso dicasi per ciò che concerne le notizie (spesso di rilevanza pubblica) fake rese credibili attraverso l’utilizzo dell’algoritmo e che vengono diffuse sul web in maniera automatizzata, contribuendo ad accrescere la disformazione online. La realtà si deforma danneggiando gli individui ma anche le organizzazioni ed i processi chiave (e.g. le elezioni).

Per contrastare il fenomeno è importante esercitare la propria “ragion critica”, cercando di comprenderne il fine per applicare il metodo scientifico di analisi e verifica che consente, almeno in parte, di non fermarsi all’apparenza del contenuto pubblicato. 

Certamente necessario è lo sviluppo di un sistema normativo ad hoc, unitamente alla collaborazione multilaterale tra le varie istituzioni a livello globale.

Il Garante per la protezione dei dati ha esaminato il fenomeno ed è intervenuto nell’analisi dei rischi di tale tecnica nel caso di utilizzo scorretto, mediante la pubblicazione di un Vademecum intitolato “Deepfake Il falso che ti “ruba” la faccia la faccia (e la privacy)”.

La pericolosità di questa tecnica risiede nel fatto di realizzare dei falsi che impediscono di avere autonomia nella distinzione tra ciò che è autentico e ciò che non lo è. Di centrale rilevanza è il furto di identità, tale per cui il soggetto non solo perde il controllo sulla propria immagine ma anche sulle proprie idee e sul libero pensiero. In sostanza il deepfake può creare contesti e situazioni mai avvenute.

Dal punto di vista penalistico, a titolo esemplificativo, si possono temere la realizzazione di reati quali l’art. 595 c.p. che disciplina la diffamazione (creazione di fake news offensiva della reputazione e onore del soggetto) o l’art. 580 c.p. di istigazione al suicidio (nel caso di lesione dovuta alla visione della foto o del video infamante).

Il Garante, che il 23 ottobre scorso apriva una istruttoria nei confronti di ‘Telegram’ (per la condivisione di un bot che spoglia le donne), illustra i vari rischi derivanti dal fenomeno tra cui:

-        furto di identità;

-        il cyberbullismo;

-        la creazione di fakenews che contribuiscono alla disinformazione pubblica;

-        il cybercrime per quanto attiene ai reati informativi quali lo spoofing, il phishing o il ransomware.

Ancora, il Garante per la protezione dei dati, elenca alcune raccomandazioni per proteggersi dal deepfake:

1)     Evitare di diffondere in modo incontrollato immagini personali o dei propri cari, soprattutto con riferimento ai social media;

2)     Imparare a riconoscere il deepfake, prestando attenzione alla qualità della foto e/o video;

3)     Evitare di condividere foto o video nel caso in cui si sospetti che sia stato realizzato con tale tecnica;

4)     Rivolgersi alle autorità di polizia o alla stessa autorità garante per la protezione dei dati personali, se si ritiene che il deepfake sia stato utilizzato in modo da compiere un reato o in violazione della privacy.

 

Si segnala infine che le grandi imprese del digitale (piattaforme social media, motori di ricerca, etc.) stanno studiando e applicando delle metodologie per il contrasto al fenomeno, come algoritmi di intelligenza artificiale capaci di individuare i deepfake o sistemi per le segnalazioni da parte degli utenti, e stanno formando team specializzati nel monitoraggio e contrasto al deepfake. Le Autorità di protezione dei dati personali potranno certamente intervenire per prevenire e sanzionare le violazioni della normativa in materia di protezione dati.

Dott.ssa Paola Angela Battigaglia

Athena Avvocato Torino




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